di Gianluca Sapio


 

Storia della ricerca archeologica sulle mura di Medma

Le mura di cinta nei centri antichi costituiscono uno degli aspetti topograficamente più rilevanti; la grande frammentazione politica dell’Italia pre romana rendeva sempre necessaria l’edificazione di un centro urbano in siti naturalmente difesi e resi più sicuri da solide cerchia murarie.

In area magno greca esistono esempi monumentali di mura di cinta edificate già a partire dall’avvento delle prime generazioni di coloni (fine VIII- VII sec. a.C.), il loro scopo era essenzialmente militare, per difendere e demarcare il centro abitato vero e proprio; esse costituivano un limite, che era anche sacro, posto all’interno di uno spazio chiaramente concepito ed organizzato in spazi pubblici, privati e sacri.

Locri Epizefiri (nei pressi dell’attuale Locri, Rc), colonia greca che verso la metà del VII sec. a.C. fondò Medma (attuale Rosarno, Rc), si dotò di solide mura, realizzate da un paramento di base in pietrame ed un elevato in mattoni crudi, già a partire dalla seconda metà del VI sec. a.C.[1]. Presumibilmente a partire dalla fine del V sec. a.C. fu operata una grande riedificazione del circuito murario che venne realizzato in opera isodoma con blocchi di arenaria posti alternativamente di testa e di taglio[2].

Anche per Hipponion (attuale Vibo Valentia), la sub colonia locrese gemella di Medma conosciamo almeno quattro differenti fasi edilizie del circuito murario antico: gli scavi di Paolo Orsi in loc. “Trappeto Vecchio” nel 1921, permisero di riportare in luce un lungo tratto di mura, realizzato in una prima fase (metà del VI sec. a.C.) con un basamento in pietra ed un elevato in crudo e, solo a partire dal V sec. a.C., con blocchi di arenaria in opera isodoma[3].

E per Medma? Quali informazioni conosciamo in merito al circuito murario che pure la sub colonia locrese lungo la valle del Mesima dovette avere?

La ricerca archeologica sulla sub colonia locrese di Medma ha una storia relativamente recente; fu solo attraverso le scoperte fatte da Paolo Orsi (Soprintendente archeologo per la Sicilia e la Calabria) tra il 1912 ed il 1927, che si potè definitivamente accertare la collocazione del centro antico e tracciarne un primo schema urbano[4]. Il fatto che il centro moderno di Rosarno (Rc) insista in gran parte sul suolo anticamente occupato da Medma non ha aiutato e non aiuta tutt’ora la comprensione complessiva della topografia del centro antico, inoltre, a differenza di Locri Epizefiri e di Hipponion (loc. Trappeto Vecchio), gli starti antichi si trovano su una sommità collinare, con un interro davvero esiguo che nel tempo non ha garantito una buona conservazione delle evidenze antiche, dato il susseguirsi di riedificazioni e lavori agricoli.

E’ molto probabile che tutti questi fattori abbiano determinato in gran parte la distruzione delle mura di Medma, inoltre, una volta distrutta (incendio ?) ed abbandonata la città, verso la metà del III sec. a.C.[5], i resti della cinta muraria dovettero forse costituire una preziosa risorsa in termini di materiale da riutilizzare nella costruzione di nuovi edifici.

In ogni caso, nonostante queste riflessioni, parve singolare già a Paolo Orsi il fatto di non riuscire a trovare alcuna traccia sul terreno del circuito murario della città antica, tanto che vennero ipotizzati sistemi di difesa costituiti essenzialmente da palizzate lignee e terrapieni.

La posizione topografica di Medma, immediatamente a S del corso del fiume Mesima sui terrazzi collinari dell’attuale Rosarno e di “Pian delle Vigne” ha una naturale propensione alla difesa tanto che Orsi, nel descrivere la topografia del centro antico individuò nell’attuale centro storico di Rosarno il probabile primo nucleo dell’abitato antico oltre che l’area che dovette ospitare un sito pre greco. Nella sua “Relazione preliminare” del 1913 Paolo Orsi scrive: “Nel sito della Rosarno attuale è probabile sorgesse la polis propriamente detta, coll’Acropoli. L’area di questo quartiere era unita ed al tempo stesso separata dalla terrazza per mezzo di un angusto istmo (attuale piazza Valarioti), facilmente difendibile; la punta occidentale, oggi Rosarno (centro storico), dovette essere per Medma quello che Ortigia fu per Siracusa, cioè il piccolo e sicuro propugnacolo iniziale da cui si sviluppò il resto della città…”[6].

Alcuni decenni più tardi (1995) questa lettura fatta da Orsi viene condivisa anche da S. Settis, che, in un ideale accostamento topografico paragona il sistema di difesa delle alture medmee a quello della colonia di Selinunte in Sicilia ovvero tre alture naturalmente difese poste in sequenza longitudinale[7].

Proseguendo la sua “Relazione Preliminare” Orsi rimarca l’assoluta mancanza di strutture murarie superstiti che potessero essere anche solo percepibili in superficie, situazione che egli stesso aveva già riscontrato in altri siti della Magna Grecia e della Sicilia, per tale ragione scrive a proposito delle mura di Medma: “Ho percorso in tutti i sensi il margine ed i ciglioni di questa terrazza, per vedere se vi fossero tracce superstiti di mura o di altre opere militari che la cingevano; e nulla vi ho trovato. Conviene a tale riguardo, tener presente che nella regione medmea difetta la pietra da taglio a gran blocchi, che si doveva ritirare di lontano e con spesa ingente; mancano pure i ciottolosi fluviali … io penso si fosse provveduto alla sicurezza mediante buoni aggeri di terra, pietrame e palizzate, dei quali è naturale sia scomparsa ogni traccia. In questo caso le sole porte saranno state in pietra da taglio.”[8].

Dopo le ricerche di Paolo Orsi per molti anni il terrazzo di Rosarno e Pian delle Vigne non fu più oggetto di ricerche sistematiche o saggi di scavo archeologici. Un nuovo interessante elemento sulle fortificazioni dell’antica Medma emerse nel secondo dopoguerra, intorno alla fine degli anni ’60, in seguito alle indagini aereofotografiche compiute da G. Schmiedt. Nel suo “Atlante…”[9] lo studioso individuò dalle fotografie aeree realizzate dall’Istituto Geografico Militare (IGM) un grande fossato di certa origine antropica, che attraversa con direzione N-S all’altezza di “c.da Pomaro”, tutto il terrazzo di Pian delle Vigne.

In seguito alla individuazione di questo fossato ed alle prospezioni fatte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria[10] fu possibile accertare come la probabile estensione della città antica si interrompesse proprio all’altezza di Contrada Pomaro, più ad E di questo settore non vennero infatti individuati depositi archeologici, che invece erano consistenti e diffusi nel settore occidentale.

Con questa scoperta veniva quindi modificata l’ipotesi fatta da Orsi, ovvero, la città antica con i suoi santuari ed i suoi quartieri (che Orsi chiama proasteia) non si estendeva su tutto il pianoro di Pian delle Vigne, ma probabilmente terminava all’altezza di quella che doveva essere una importante fortificazione, posta in corrispondenza di un ampio fossato, all’altezza di C.da Pomaro.

La questione delle mura di Medma venne ripresa nel lavoro complessivo curato da S. Settis e M. Paoletti su “Medma ed il suo territorio”[11], in questa sede vennero prese e messe a sistema per la prima volta in modo scientifico tutte le scoperte occasionali e pianificate scientificamente dal momento che il paese moderno, in forte espansione a partire dal secondo dopoguerra, insisteva sempre di più, specie nel rione “Case Nuove” sui resti della città antica.

Nell’economia del discorso trattato in questa sede paiono interessanti le conclusioni che M. Paoletti riporta nel suo contributo a proposito di un rinvenimento effettuato nel Rione Case Nuove in seguito a lavori di manutenzione urbana: “Assai significativo … mi sembra, sebbene non databile, il grosso muro tagliato dalla Ruspa tra la via Principe di Udine e la via Torino … è l’unico in mezzo km di trincea che abbia caratteristiche di particolare solidità (h. m 1,30 ca; spess. m 1,20 ca; costruito inferiormente con pietre di arenaria e superiormente con pietre granitiche). Oltre a ciò…. al di là del muro – cioè in via Messina – la trincea SIP si è rivelata completamente sterile … In conclusione, poiché il muro era trasversale alla trincea e pressappoco sul ciglio antico del pianoro, indicato ancora dalla via Messina, proporrei di riconoscervi il robusto basamento (con possibile elevato in mattoni crudi) delle mura greche di Medma.”[12].

Questa indicazione di M. Paoletti è la prima in cui viene indicata una struttura che per le sue caratteristiche e per il fatto che si trova a pochi metri dal ciglio collinare, potrebbe essere un piccolo lacerto della cinta muraria di Medma.

Inoltre, nello stesso contributo di Paoletti, viene fatta menzione ad alcune segnalazioni effettuate presso c.da Pomaro nei primi anni del ‘900 da giovani ed appassionati rosarnesi che è bene in questa sede ricordare: “… gli appunti inediti di un appassionato locale, Antonio Fiumara, conservano memoria della scoperta nel 1913, a poca profondità dal piano di campagna di una “striscia” di pietre (alta m. 0,70 e larga m 10) durante lo scasso del fondo denominato in seguito “La pietra” di proprietà familiare a N della via Vicinale per Polistena[13]. Una notizia del medesimo tenore è stata data da un giovane studioso rosarnese (V. Marvasi) per un’altra zona più a S, dove in proprietà allora Vincenza Polito i lavori di vangatura avevano incontrato una “striscia” di pietre, orientata NE-SW, larga 7 m ca, che discendeva il pendio verso c.da Zippone.”[14].

Finalmente, con le ricerche effettuate dalla Soprintendenza per i Beni archeologici tra gli anni settanta ed ottanta del secolo scorso, venivano chiarite e verificate sul campo numerose problematiche relative alla topografia di Medma; la città antica dovette avere il periodo di massimo splendore tra il V sec. a.C. ed il III sec. a.C., quando un evento cruento ne decretò la decadenza. Il centro urbano doveva certamente essere cinto da mura la cui datazione ed il rapporto cronologico con l’abitato restarono (e restano ancora oggi) in gran parte incerti. A questo proposito scrive M. Paoletti nelle conclusioni ai lavori del 1981: “… finalmente è stata accertata in più aree del Pian delle Vigne l’esistenza di un impianto urbanistico almeno dell’ultimo quarto V sec. a.C., delimitato da una probabile cinta difensiva di incerto rapporto cronologico.”[15].

Le ricerche archeologiche degli ultimi trent’anni hanno permesso di raccogliere tanti altri nuovi tasselli sulla conoscenza topografica di Medma; tra gli atri rinvenimenti particolare rilievo ebbe quello effettuato nel 2002 presso il campo sportivo in cui fu possibile riconoscere le tracce del primo impianto urbano regolare di Medma (databile entro la seconda metà del VII sec. a.C.)[16]. I dati archeologici a Rosarno sono comunque sempre puntiformi, provenienti da limitati interventi (legati per lo più a lavori di manutenzione urbana) che, come in un grande mosaico, restituiscono poche e sporadiche tessere.

Gli ultimi dati relativi al probabile tracciato murario di Medma si sono avute in seguito a lavori di scavo effettuati dalla Soprintendenza per i Beni archeologici nel 2010 presso il parco archeologico di C.da Calderazzo[17], la notizia del ritrovamento di un breve tratto di struttura con basamento in pietrame e probabile alzato in crudo.

Certamente la lacunosità dei ritrovamenti descritti in questa sede, richiamata anche dal titolo “provocatorio” di questo contributo, aumenta il fascino e il gusto per la scoperta della storia di Medma; la sub colonia locrese ha oggi un ruolo importante nella storia degli studi sia per il suo passato, ma anche per la storia recente delle sue scoperte, da Paolo Orsi ai piccoli rinvenimenti occasionali che si susseguono in questi ultimi decenni.

Di contro questa stessa lacunosità rende chiara la consapevolezza che il quadro d’insieme su Medma e la sua storia è e resterà sempre fortemente lacunoso, confuso ed in parte anche irrimediabilmente perso nel succedersi degli eventi della storia antica e recente.

 

[1] R. Schenal Pileggi, Nuovi dati sulle fortificazioni di Locri Epizefiri, in Caulonia tra Crotone e Locri, atti del Convegno, Firenze 2010.

[2] Per problemi connessi alla datazione ed alla realizzazione delle mura di Locri nel V sec. a.C. vedi, C. Sabbione, L. Costamagna, Una città in Magna Grecia, Locri Epizefiri, Reggio C. 1990.

[3] M. T. Iannelli, Una difesa monumentale; le mura di cinta, in I volti di Hipponion, Soveria Mannelli 2000.

[4] P. Orsi, Relazione preliminare agli scavi del 1912-14, in Notizie e Scavi di Antichità – 1913.

[5] I primi dati archeologici sull’abbandono definitivo di Medma provengono dal materiale di riempimento di alcuni pozzi individuati presso l’area del Campo Sportivo di Rosarno.

[6] Cfr. nota 4, pp. 56-57.

[7] S. Settis, Enciclopedia dell’Arte Antica, 1995, pp. 580-582.

[8] Cfr. nota 4, p. 57.

[9] G. Schmiedt (a cura di), Atlante fotografico delle sedi umane in Italia, Firenze 1964.

[10] In particolare le prospezioni archeologiche della ditta Lerici, come riportato anche in Attività della Soprintendenza in Calabria, in Atti di Taranto 2000.

[11] S. Settis, M. Paoletti (a cura di), Medma ed il suo territorio; materiali per una carta archeologica, Bari 1981.

[12] M. Paoletti, Contributo al corpus delle terrecotte medmee e carta archeologica di Rosarno, in Medma e il suo territorio …, pp. 75-76.

[13]  Questa notizia viene riportata anche da U. V. Borgese, La polemica sul sito di Medma dal Russo ad oggi, in Bollettino del Centro Studi Medmei, Suppl. 2, 1974, 1-2..

[14]  Cfr. nota n. 12, p. 83.

[15] M. Paoletti, Nota storica conclusiva, in Medma e il suo territorio …, p. 148. Un quadro topografico complessivo su Medma, si trova più di recente anche in G. Sapio, Divinità e territorio; Santuari “demetriaci” tra Locri e Medma, R. Calabria 2012.

[16] E. Lattanzi, L’attività della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, in Atti del Convegno di Taranto 2002.

[17] S. Bonomi, L’attività della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, in Atti del Convegno di Taranto 2010, notizie di questo ritrovamento si trovano anche in G. Lacquaniti, Medma, 2014.