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Storia urbana di Rosarno dal 1890 agli anni ’40 del ‘900


*Articolo estratto dalla pubblicazione “I Padri Costituenti Calabresi”, Polistena 2015. Pubblicazione curata dalla Soprintendenza per i Beni Archivistici della Calabria, della Prefettura di Reggio Calabria e del Comune di Rosarno.

Prima dell’ultima decade del XIX secolo l’abitato di Rosarno era limitato a quello che oggi si identifica come centro storico, ovvero i due principali poli urbani ricostruiti quasi per intero secondo gli schemi razionali del tempo dopo il terremoto del 5 febbraio 1783.

Il primo “polo urbano” venne realizzato a partire dall’asse stradale centrale (attuale Corso Garibaldi) con due strade principali parallele a questo asse ed una serie di altre arterie ortogonali che incardinavano la viabilità cittadina partendo dai palazzi, luoghi pubblici e chiese più importanti del centro. Il secondo nucleo abitato, posto a SE dell’attuale piazza del Popolo, venne costruito secondo una serie di assi viari disposti a “raggiera” e convergenti nell’attuale piazza Convento. Separava i due nuclei l’attuale arteria di via Regina Elena, che, nel suo ultimo tratto occidentale veniva chiamata con l’interessante toponimo di “capo strada”, indicativo di un percorso longitudinale che attraversava tutta la collina di Rosarno – Pian delle Vigne che dovette sempre esistere e che nella nuova cittadina novecentesca avrebbe costituito l’arteria principale del nuovo rione delle “Case Nuove”[2].

L’abitato nel suo nucleo urbano era limitato alla sommità della collina e terminava verso E all’altezza dell’attuale piazza Valarioti – Vignaioli, dove in seguito al terribile sisma del 1783, si era formata una grande voragine (denominata “Famurru”) profonda in media circa 30 m, che si sviluppava verso S e delimitava l’istmo collinare che congiungeva l’abitato di Rosarno con il resto del Pian delle Vigne.

Nei cinquant’anni tra il 1891 ed il 1941 nel paese si realizzarono, in differenti settori, importanti interventi di riqualificazione urbana che permisero a Rosarno di acquistare un aspetto moderno. Il paese in questi anni divenne gradualmente il centro di riferimento commerciale dell’intero comprensorio. Potremmo raggruppare come segue i settori di intervento più massiccio:

  • Area della stazione ferroviaria e pendici del centro abitato di Rosarno.
  • Centro storico, settore di rione “Baracche” e piazza Duomo.
  • Nuovo rione delle “Case Nuove”.

Area della stazione ferroviaria e pendici del centro abitato di Rosarno; la nascita di un importante scalo commerciale.

La decisione ufficiale e definitiva per la realizzazione di una stazione a Rosarno giunse ufficialmente, per interessamento diretto del Sottosegretario On.le De Zerbi di Reggio Calabria, solo nel settembre del 1886.

I lavori, intrapresi dalla Società concessionaria per il tratto Eboli – Reggio Calabria erano cominciati nel 1880 e prevedevano la realizzazione per la tratta tirrenica reggina di sei differenti lotti. Nell’ultimo di questi, il più lungo con i suoi 18 Km, da Gioia Tauro a Ncotera, venne inserita anche la stazione di Rosarno e l’inaugurazione del lotto avvenne il 31 dicembre del 1891.[3]

In coincidenza con la realizzazione di questi lavori, nel 1891 venne affidato dal Comune di Rosarno l’incarico allo studio dell’Ing. Antonio Pucci per un “Progetto di costruzione della strada di accesso alla stazione della ferrovia.”[4]. Un’arteria fondamentale per il raccordo del traffico di merci proveniente dalla Statale 18.

Lo sviluppo di questa zona portò nel 1915, sotto l’amministrazione comunale presieduta dal sindaco Gregorio Naso, alla pianificazione di un progetto per la realizzazione di una strada comunale che mettesse in comunicazione il centro storico del paese, sul versante posto immediatamente a S della Chiesa madre e di quella dell’Immacolata, con la strada Satatale 18, nei pressi del bivio col raccordo che porta alla stazione ferroviaria.

Il 25 febbraio del 1915 veniva approvato il progetto per l’esecuzione dei lavori che sarebbero stati ultimati in tempi rapidi. La nuova strada percorreva un dislivello di quasi 40 m ed aveva addirittura due corsie di marcia. Da questo momento anche il centro di Rosarno veniva collegato alla stazione e l’importanza di questa nuova strada, chiamata già via Ferrovia, è evidenziata dal fatto che in età fascista, dopo il 1934 sotto il podestà Raimondo Naso, le venne attribuito il nome, che porta tutt’ora, di “via Roma”, appellativo che, secondo le direttive del Regime, doveva individuare le strade più importanti di tutte le città.

Il fronte collinare verso W viene quindi inserito a pieno all’interno del centro urbano, costituisce anzi, assieme agli altri pendii attorno al centro abitato, una delle zone di espansione del paese.

Centro storico, settore di rione “Baracche” ; il centro “acquista” nuovi spazi.

Il terremoto dello Stretto, nel 1908, produsse danni ingenti anche per i centri della piana, a Rosarno in particolare vennero danneggiate numerose dimore del centro, il Comune fu impegnato in lavori straordinari di manutenzione per i quali venne concessa una “gratifica straordinaria” anche alle Guardie Comunali per il gran lavoro ed i disagi[5].

Molte zone di povere dimore, come quelle nei pressi della Chiesa Madre subirono danni che resero ancora peggiori le situazioni di vivibilità. Il vecchio campanile della matrice venne abbattuto e la chiesa stessa subì danni, molte abitazioni risultarono inabitabili e gran parte della popolazione dovette trovare sistemazione in baracche.

Nel maggio 1909 il Municipio stanziò 7.800 lire per l’edificazione di due baracche – scuola nella zona di “Largo Convento” e nel quartiere baraccato “Nunziante (orto Meliadò)”[6].

L’Ufficio Speciale Genio Civile sez. Terremoto di Reggio Calabria aveva infatti predisposto tre aree di baraccamenti per ospitare gli sfollati, una sul terreno del vecchio “orto dei Monaci”, immediatamente retrostante la chiesa di largo Convento, un altro grosso agglomerato presso “c.da S. Antonio”, là dove di lì a poco sarebbe sorto il “Rione Case Nuove”, ed un terzo piccolo complesso nei pressi della stazione.

Queste baracche, anguste e carenti dal punto di vista dell’igiene, contornavano i nuclei abitati principali di Rosarno, ovvero, il centro storico e la “nuova” zona commerciale gravitante nell’area della stazione.

Sotto l’amministrazione del podestà Luigi Nunziante, sul finire degli anni ’20, una delle aree di baraccamenti più cospicua e più vicina al centro venne riorganizzata in una serie di 8 palazzine popolari a tre piani disposte su quattro file. Le nuove costruzioni vennero inaugurate nel 1928 e vennero assegnate a coloro che dimoravano precedentemente in installazioni provvisorie.

Nacque in questo modo una nuova “appendice” urbana (allora periferica, oggi pienamente centrale) del vecchio nucleo storico, in un settore che un tempo era proprietà del convento domenicano (“orto dei monaci”) e che adesso prendeva il nome (che porta tutt’ora) di “Rione Baracche”.

Centro storico, la piazza Duomo; un nuovo “simbolo” del paese.

La realizzazione, nel 1915 della nuova strada comunale (via Roma) e lo sviluppo della zona commerciale, nei pressi della stazione e sul pendio collinare, aveva dato al settore centrale dell’abitato storico, nei pressi della Chiesa Madre un assetto urbano diverso.

L’arteria stradale principale non era più il Corso Garibaldi e la nuova strada a due corsie, che risaliva da W il pendio collinare, si innestava in modo problematico direttamente nelle strette strade dell’impianto urbano tardo settecentesco, proprio all’altezza della chiesa dell’Immacolata.

Inoltre il terremoto del 1908 aveva danneggiato ulteriormente e reso ancor più fatiscenti i poveri edifici posti nel settore occidentale della collina, nei pressi del largo Bellavista.

Si rendeva quindi necessaria una riqualificazione urbana che rendesse più funzionale tutto questo settore del centro storico, sia per la circolazione all’interno del nucleo abitato, sia per la fruibilità della nuova strada comunale di collegamento con la strada Statale 18 e “l’area commerciale” vicina alla stazione ferroviaria.

Il 12 novembre del 1925, a firma dell’ing. T. Marzano e del geom. C. Testi venne realizzato il progetto per la costruzione di un nuovo grande edificio scolastico, di cui il paese fino ad allora era ancora sfornito[7]; questo nuovo edificio, dotato di 12 aule, doveva essere realizzato nell’area delle abitazioni poste tra il largo Bellavista e la via Roma, di fronte alle chiese Matrice e dell’Immacolata. Nello stesso periodo veniva predisposto anche il progetto per una nuova chiesa Madre.

I lavori di demolizione del duomo settecentesco, orientato verso il Corso Garibaldi, ad E, cominciarono nel 1929 e la nuova chiesa (quella attuale) venne realizzata con tre navate ed un’unica abside sul luogo ove sorgeva il vecchio edificio ma con caratteristiche differenti.

La chiesa venne spostata di alcuni metri verso nord, in modo da creare davanti all’ingresso uno spazio più ampio che potesse fungere da piazza e venne orientata a Sud, non più rivolta verso il Corso Garibaldi, ma quasi a costituire un “raccordo” tra questo e l’imbocco della nuova strada comunale (la via Roma).

Per far partire il progetto delle nuove scuole elementari fu necessario invece provvedere agli sgomberi delle abitazioni che dovevano essere abbattute. Nel 1936 il podestà Naso fece intervenire la forza pubblica per far sgomberare le case abitate quasi tutte da contadini, a questi il comune concesse per 6 mesi un sussidio di 30 lire per il pagamento di eventuali canoni d’affitto.

Eseguite le demolizioni delle abitazioni tra “largo Venere” e “via Cannone”, tra il 1938 ed il 1940 vennero ultimati i lavori di realizzazione del nuovo edificio scolastico, che comunque, vista l’orografia del sito dovette subire alcune modifiche rispetto al progetto originario.

Lo spazio compreso tra il nuovo edificio delle scuole Elementari ed il nuovo Duomo restò per qualche anno ancora occupato dalla chiesa dell’Immacolata e dall’ abitazione ad essa legata. Per procedere a questa ulteriore demolizione, pianificata nel 1939 ma eseguita solo nel 1942, non fu necessario da parte del Comune neanche l’esproprio visto che un prezzo di 20.000 lire venne direttamente pattuito con il sacerdote F. Mercuri[8].

Una volta ultimate le demolizioni e la costruzione dei nuovi edifici, Rosarno aveva una nuova piazza centrale (l’attuale piazza Duomo) che collegava la nuova strada comunale (via Roma) ormai definitivamente integrata all’interno della rete viaria cittadina e l’area “storica” del corso Garibaldi e della Via Umberto I, sulla quale sorgeva il municipio (allora casa dal fascio) ospitato all’interno della casa che era di proprietà di Francesco Foberti.

Il nuovo rione “Case Nuove”.

Oltre il confine orientale del centro abitato di Rosarno, subito oltre l’istmo in corrispondenza della depressione del “famurru”, il Pian delle Vigne si amplia in una zona che già nella prima metà del XX secolo accoglieva in povere baracche le numerose famiglie di braccianti e contadini, che, dai paesi dell’interno cominciavano a trasferirsi a Rosarno.

Questo, che divenne ben presto il cosiddetto rione “Case Nuove”, costituisce l’esempio più emblematico dello sviluppo che il paese ebbe nella prima metà del ‘900. A questo settore, che divenne ben presto il più popoloso del paese, venne dato probabilmente già a partire dal 1907, con il primo regolamento edilizio sotto la giunta del sindaco Luigi Nunziante, un assetto urbano regolare, razionale, con strade larghe 9 metri e lotti di abitato larghi complessivamente appena 10,9 metri.

Le abitazioni che venivano assegnate erano davvero molto esigue, ad un solo piano e divise in lotti di 7 x 6 m o multipli di essi[9].

In questo rione, soprattutto a partire dalla fine degli anni ’30 convergevano dai paesi dell’entroterra tutte le famiglie in cerca di lavoro nei campi, determinando, come detto all’inizio, una vera e propria “aggregazione” che non diventava però una reale comunità urbana.

Le arterie principali di questa nuova zona del paese vennero intitolate ad esponenti della casa Savoia (Carlo Alberto, Principe di Udine, regina Elena, ecc.), denominazioni in gran parte ancora esistenti.

Questo rione venne dotato di una torre per il pompaggio e la distribuzione dell’acqua, posta lungo l’acquedotto di S. Antonio, e di un unico punto di incontro per la comunità, ovvero la nuova chiesa dedicata all’Addolorata.

La costruzione di un nuovo edificio di culto in luogo di una precedente baracca adibita a chiesa, venne richiesta per la prima volta dal podestà Naso in una lettera indirizzata al vescovo di Mileto mons. Paolo Albera.[10].

L’accordo comunque venne trovato e nell’estate del 1939 cominciarono i lavori dall’abbattimento del precedente edificio – baracca. Il nuovo edificio stava sorgendo su una particella larga 13,50 m e lunga 39,1 m. Il 9 giugno 1939 tale appezzamento era stato determinato dalle parti in causa: l’ing. Ferdinando Paparatti (per conto del Comune di Rosarno) e Benvenuto Torquato (in rappresentanza del Vescovo di Mileto); una parte di quest’area (84 mq, pari a 12,80 x 22,41 m) era stata donata l’8 settembre del 1928 dai coniugi De Luca e Mazzitelli all’allora parroco Ottavio Casuscelli.

La Rosarno che si affaccia negli anni ’40 è quindi un paese moderno ed in pieno sviluppo economico, che ha risolto il secolare problema delle paludi e degli acquitrini lungo la bassa valle del Mesima, che si è dotato di moderni impianti di depurazione e di approvvigionamento idrico, che ha provveduto alla realizzazione di nuove arterie urbane che garantiscono non solo un’ottima circolazione interna ed uno sviluppo urbano ordinato, ma anche un buono sviluppo come centro “commerciale” e di “scalo”.