Qual è il peccato di hybris di Ulisse?

Miriana Ferri
2025-09-20 23:04:07
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Ma pensiamo anche all’Ulisse di Dante, che spernacchia il non plus ultra delle colonne d’Ercole e si lancia all’esplorazione coi suoi sodali («[...] non vogliate negar l’esperïenza, / di retro al sol, del mondo sanza gente. / Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza.») — e viene affondato con tutta la nave e la ciurma.
La hybris, proprio in una dimensione che anacronisticamente possiamo considerare come peccato, coglie una misura di tracotanza, che è presunzione di potere, così elevata da fronteggiare direttamente l’ordine superiore, suscitandone la tremenda vendetta.
In pratica non c’era peccato superiore all’oltraggio dell’hybris, nella cultura greca.
Credere di potersi pareggiare alle divinità superiori, credere di poter trasgredire il loro comando, credere di poter sovvertire l’ordine costituito è un genere di superbia davvero sommo, inconfondibile con mera sbruffoneria e vanità, capace di portare a esseri umani e sovrumani disgrazie non solo funestissime, ma perfino perpetue o ereditarie.
Tutta la superbia è un problema di limite.
In realtà praticamente ogni comportamento che concepiamo come ‘peccato’, secondo paradigmi diversi, è un problema di limite, il peccato è una trasgressione — tant’è che a ben vedere Dante nell’Inferno non individua nemmeno una categoria a sé di superbi, solo nel Purgatorio c’è (per quanto in fondo all’Inferno agiti vanamente le ali un ex-Lucifero, che è il superbo per eccellenza).