:

Qual è la pecca di hybris di Ulisse?

Laura Silvestri
Laura Silvestri
2025-09-20 21:22:26
Numero di risposte : 1
0
La sua è una passione intellettuale, che soffre i limiti, che divora il non-sapere e il non-potere, che segue solo se stessa. E’ “la stessa forza che mi sposta e soprattutto hybris”, come canta Murubutu, rapper e professore di filosofia. Hybris è volontà di potenza, è il desiderio di porsi al di sopra degli dèi, della conoscenza che essi hanno concesso agli uomini. E sarà proprio questo peccato a condannarlo alla morte. Ulisse vuole far esperienza del mondo sanza gente, desidera risvegliare i propri sensi che si erano assopiti nella quotidianità itacese. Ma il viaggio di Ulisse è anche il viaggio di Dante, che in un certo periodo della sua vita ha ceduto all’orgoglio intellettuale, convincendosi di poter conoscere la verità attraverso la sola via filosofica. Nei loro folli voli risalta la grandezza dell’umanità, ma anche la sua imperfezione.
Domingo D'angelo
Domingo D'angelo
2025-09-20 21:10:37
Numero di risposte : 3
0
La sua è una passione intellettuale, che soffre i limiti, che divora il non-sapere e il non-potere, che segue solo se stessa. Purtroppo per lui, sarà proprio questa volontà di potenza a costargli la dannazione eterna nell’inferno di Dante. Si tratterebbe di una sorta di accecamento mentale che impedisce all'uomo di riconoscere i propri limiti e di commisurare le proprie forze: chi ha ambizioni troppo elevate e osa oltrepassare il confine posto dagli dei pecca di hýbris e incorre in quella che viene chiamata “invidia degli dei”.
Eliziario Damico
Eliziario Damico
2025-09-20 19:59:06
Numero di risposte : 4
0
La hybris, proprio in una dimensione che anacronisticamente possiamo considerare come peccato, coglie una misura di tracotanza, che è presunzione di potere, così elevata da fronteggiare direttamente l’ordine superiore, suscitandone la tremenda vendetta. Ma pensiamo anche all’Ulisse di Dante, che spernacchia il non plus ultra delle colonne d’Ercole e si lancia all’esplorazione coi suoi sodali («[...] non vogliate negar l’esperïenza, / di retro al sol, del mondo sanza gente. / Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza.») — e viene affondato con tutta la nave e la ciurma. Tutta la superbia è un problema di limite. In realtà praticamente ogni comportamento che concepiamo come ‘peccato’, secondo paradigmi diversi, è un problema di limite, il peccato è una trasgressione — tant’è che a ben vedere Dante nell’Inferno non individua nemmeno una categoria a sé di superbi, solo nel Purgatorio c’è (per quanto in fondo all’Inferno agiti vanamente le ali un ex-Lucifero, che è il superbo per eccellenza). La hybris, proprio in una dimensione che anacronisticamente possiamo considerare come peccato, coglie una misura di tracotanza, che è presunzione di potere, così elevata da fronteggiare direttamente l’ordine superiore, suscitandone la tremenda vendetta. Fuor di antichità greche possiamo parlare della hybris di un pensiero razionale che invano tenta d’inquadrare un’esperienza trascendente, precipitando in un baratro d’incomprensione; della hybris di chi vuole prolungare indefinitamente la propria vita, rifiutando la propria obsolescenza e finendo condannato a parodiare la vita; della hybris di uno sviluppo che si pretende infinito, e che si infligge da sé la catastrofe.