Qual è il mito della discesa agli inferi di Orfeo ed Euridice?

Artes Damico
2025-09-20 07:36:13
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Nella mitologia greca sono famose la discesa agli inferi di Eracle, durante la sua ultima fatica; quella di Orfeo per ritrovare la sua amata Euridice; quella di Teseo con l'amico Piritoo.
La prima catabasi descritta è la Discesa di Ištar negli Inferi nella religione mesopotamica.
In Occidente troviamo il primo esempio di catabasi nell'XI libro dell'Odissea, anche se di fatto Ulisse non entra nel regno dei morti, ma rimane sulla soglia.
Ispirata all'Eneide, è il passo della necromanzia presente nel Bellum Civile o meglio conosciuto Pharsalia di Lucano, in cui il figlio di Pompeo, Sesto, viene informato delle sorti tragiche che attendono a Roma.
Ma l'opera più famosa in cui si può trovare la catabasi è la Commedia di Dante.

Edilio Bianco
2025-09-20 02:50:01
Numero di risposte
: 2
Il mito di Orfeo ed Euridice, contenuto nelle Metamorfosi di Ovidio, racconta la storia della catabasi, vale a dire della discesa agli inferi del figlio della musa Calliope e, secondo alcuni di Apollo, secondo altri del re della Tracia Eagro, al fine di riavere indietro la sua sposa.
Orfeo, infatti, non si diede per vinto e, pur riavere indietro la sua amata sposa, si convinse che l’unica soluzione fosse quella di mettersi in viaggio verso l’Ade: si tratta della famosa catabasi agli inferi, letteralmente “la discesa di Orfeo nel regno dei morti per portare indietro con sé, di nuovo alla vita, la sua consorte Euridice”.
Una volta varcate le porte di quello che definiremmo oggi Inferno, Orfeo fu costretto ad affrontare una serie di complicate e terribili sfide, che riuscì a superare soprattutto grazie al suo magistrale uso della lira donatagli da Apollo ed alle sue prodigiose doti di poeta e musico.
Grazie ad essa, infatti, ebbe modo di ammansire il cane a tre teste Cerbero e il traghettatore Caronte, che ‘domarono’ ogni altra creatura incontrata durante il cammino, e lo ‘scortarono’ al cospetto di Ade e Persefone, i quali mostrarono pietà nei suoi confronti, nonché una sincera stima per il coraggio avuto lungo il suo terribile viaggio.
Costoro, pertanto, consentirono ad Orfeo di raggiungere il proprio fine, vale a dire quello di poter riportare indietro con sé la sua amata Euridice, purché fosse rispettata una sola condizione: quella di affrontare tutto il tragitto che, dal regno dei morti, li avrebbe riportati nel mondo dei vivi, senza mai voltarsi indietro e, quindi, senza mai incrociare lo sguardo della moglie.
Orfeo annuì e s’incamminò in direzione della luce, scorgendo soltanto l’ombra di Euridice dietro di lui.
Resistette a lungo ma, ormai in procinto di abbandonare definitivamente l’Ade, cadde preda di un sospetto, vale a dire che l’ombra che lo seguiva non fosse quella di Euridice.
Così, istintivamente, girò il capo di novanta gradi per trovare pace al dubbio che lo assaliva.
Di fatto, infranse la promessa fatta al dio degli inferi e a Persefone e l’ombra dell’amata consorte sparì, nuovamente inghiottita dagli inferi.
Il ragazzo tentò disperatamente di ripercorrere la strada al contrario, ma i suoi numerosi, successivi tentativi non portarono a nulla.
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